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Assieme alle scuole, ai ritiri
spirituali, alle iniziative per i reduci, gli apprendisti,
i periti tecnici, p. Marcolini inventò le BIM
cioè le "Bande Irregolari Marcoliniane".
Meritano molto più di un cenno, perché
furono davvero un'avventura educativa singolare, quale
solo un prete 'svitato' come lui poteva concepire
ed attuare. Senza dire che ebbero un successo larghissimo
fino a coinvolgere in singoli periodi estivi centinaia
e centinaia di giovani. Neppure p. Marcolini previde
lo sviluppo che avrebbero avuto.
Nei primi mesi dopo il ritorno dalla prigionia, il
Padre si era reso conto che alcuni alpini ex prigionieri
di guerra, tornati a casa, non avevano più
trovato una famiglia, una casa, un lavoro, che vi
erano studenti, specie degli istituti tecnici, e giovani
operai squattrinati e senza alcuna possibilità
di fare certo le ferie.
A p. Marcolini venne l'idea che sarebbe stata una
gran bella cosa toglierli dalla strada per qualche
giorno, offrire loro una vacanza, “fuori dal
mondo”.… |
Agosto 1946 - primo campo BIM al Gaver |
Gaver - attendamento BIM |
Egli contava sul fatto che, immersi negli incanti della
natura, svelenito il sangue con contatti umani più
semplici e spontanei, in allegre serate intorno ai bivacchi,
aiutati da qualche buona parola detta ad ognuno, apparentemente
quasi per caso, ma sempre mirata, incitati da qualche predichina
"ad hoc" breve e provocatoria, ma soprattutto
sostenuta da tanto amore vero, il loro cuore e le loro menti
si sarebbero aperti anche a verità, ad aspirazioni
più alte, a propositi di bene, saldi e generosi.
Ma non si aspettava certo che l'esperimento durasse così
a lungo e avesse ad assumere le proporzioni che ebbe in
realtà.
L'ispirazione delle BIM gli venne nel marzo - aprile 1946.
Chiamò attorno a sé un gruppo di giovani.
Si fece dare delle tende dismesse dall'esercito americano;
andò da mons. Daffini alla Pontificia Opera di Assistenza
da cui ebbe alcuni sacchi di carote e patate secche e un
po' di pasta e di mortadella. Salì poi in Gaver,
sopra Bagolino, per scegliere il posto e mise gli occhi
su una malga che sembrava abbandonata. Preparato il tutto,
organizzò la prima spedizione. Venuto il giorno della
partenza, nell'agosto 1946, noleggiò un camion che
poi sarebbe ritornato con un carico di legna; vi fece salire
una trentina di studenti con p. Olcese e p. Cittadini e
li mandò alla ventura. E avventura fu, infatti, subito. |
Non aspettandosi di dover scendere in una malga, il gruppo
si fermò. All'ultima casa della frazione Gaver, nuova
ed ospitale, con dei bei parquet lucidi. Tolte dal camion
le balle di paglia portate da Brescia, si prepararono i
giacigli e ivi vissero felici per una settimana. Che la
destinazione non fosse quella se ne accorse p. Marcolini,
quando salì per dare il cambio del turno. Furono
parolacce come sempre scherzose, ma dure, anche perché
il padre temeva, come accadde infatti, una denuncia dalle
proprietarie della casa per violazione di domicilio, denuncia
che, del resto, egli riuscì a far rientrare con una
messa per i loro poveri morti e una benedizione particolare.
Il secondo turno di una cinquantina di giovani guidato da
lui stesso occupò finalmente la malga ritenuta legittimamente
predestinata.
P. Rinaldini, reduce dalla montagna, dove era vissuto con
i partigiani, e dai primi campeggi scouts, portò
una novità. Suggerì che per il letto al posto
della paglia si usassero i rami di pino. |
anno 1953 - Val di Genova Campo BIM |
anno 1959 - Passo di Campo |
P. Marcolini sintetizzò poi sotto il motto “verso
l'alto concordi” gli scopi delle BIM. Naturalmente
il secondo anno le cose andarono un po' meglio. Vennero
presi accordi un poco più precisi con i mandriani,
vennero prolungati i turni dei campeggi, raddoppiati gli
ospiti. Migliorò anche l'organizzazione attraverso
corvée dei singoli gruppi o bande, in una gara a
chi faceva meglio. Ma i primi campeggi erano, come li ha
definiti p. Cittadini, “caotici e tumultuosi”
in maniera indescrivibile, a pensarli oggi. Del resto ogni
campeggio costituì un'avventura a sé, tanto
nell'organizzarlo quanto nel farlo funzionare. Dopo il campeggio
in Gaver del 1946 con due turni (per studenti e per lavoratori),
le BIM vi ritornarono con tre turni nel 1947. Nel 1948 e
nel 1949 si trasferirono a Malga Boazzo in val Daone. Poi
i campeggi vennero via via posti nel 1950 - 1951 in val
d'Algone, nel 1952 - 1953 a Ragada, in val di Genova, poi
a Forte Buso al passo Rolle sulle Dolomiti e, infine, a
Malga Bissina, nelle baracche utilizzate per la costruzione
della diga in Val di Fumo.
La stessa scelta della sede del campeggio era un'avventura.
Deciso nel 1953 a cambiare posto, p. Marcolini ascoltò
il consiglio di chi puntava sul Trentino.
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Il camion arrivava
dove era possibile, poi zaino in spalla, valigia legata
con le corde nelle mani, bisognava camminare a piedi.
Un anno fu necessario coprire 15 km prima di arrivare
al campo dove poi p. Marcolini indicava la malga,
la stalla, le baracche, dove dovevano collocarsi i
vari gruppi con le loro tende. Con i collaboratori,
fossero anche "intellettuali" o preti, non
faceva distinzione, dovevano vivere la vita di campeggio
come l'ultimo "sbando". Un prete, cui venne
in mente di chiedere branda e lenzuola, venne subito
imbarcato, ossia spedito a casa. Quanto ai frequentatori
del campeggio, un testimone diretto che si firmò
"una recluta" ha così descritto la
Tipologia BIM: «Sono figure umane in genere,
ma per poterle anche solo tratteggiare è necessario
piombare in campo futurista o cubista; non valgono
le solite espressioni, i vieti canoni di pittura classica.
Quelle della BIM sono figure che del moderno hanno
tutto, nelle quali ha inciso grandemente la civiltà
nostra; le più caratteristiche vanno classificate
così come si classificano nel lavoro: hanno
tutto uno stile particolare che possiamo chiamare
per taluni "stile metalmeccanico" o dei
"mangiaferro", per altri "stile edile"
o dei "mangiapolvere" o "calce"
o "mattoni", per altri ancora "stile
disoccupato" o se preferite "stile al verde
prato" o "dei mangiastracci".
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tessera delle Bande Irregolari Marcoliniane |
Il primo campeggio delle BIM |
Gli studenti (rispettabilissimi
per altro a dire il vero) sono una categoria standardizzata.
Presto arrivarono anche gli allievi delle scuole di
riconversione della OM con molti insegnanti, specie
ingegneri. Ma p. Marcolini raccattava, se possibile,
anche altri ospiti: un accademico del CAI, un pittore
squattrinato, un giornalista in cerca di emozioni,
geologi o botanici o naturalisti (fra cui figure di
spicco furono il dott. Gualtiero Laeng, Corrado Allegretti,
il prof. Giuseppe Viani, ecc.). Infine arrivarono
ai campi anche giovani contadini che spesso non avevano
mai visto la montagna, accompagnati dai loro curati.
Certo non tutti quelli che andavano ai campeggi erano
angioletti: non mancarono anzi dei veri e propri marioli.
P. Marcolini stesso confessò che, quando nel
1952 don Angelo Pietrobelli portò in val D'Algone
gli agenti di custodia del carcere di Brescia, questi
trovarono parecchie conoscenze fra i "bimini".
Quando al campeggio erano presenti bande rivali in
città, p. Marcolini e i suoi collaboratori
cercavano di trasformare la rivalità in emulazione:
chi faceva meglio la cucina, chi teneva meglio in
ordine il campo, chi era piu spiccio nelle corvèe,
ecc. veniva citato all'ordine del giorno durante i
bivacchi.
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A volte era difficile mettere assieme i
figli di papà o del professore con quelli del
commerciante e dell'operaio, il professionista e il
"magut" o addirittura il "compagno"
intollerante, come qualche volta accadde, con l'ex
brigatista fascista. Ciò che non era ammesso
era fare politica o meglio attività di partito:
qualcuno provò a fare "l'infiltrato",
ma venne subito imbarcato. Non era certo facile mettere
assieme "generi" di persone così
diverse, ma le BIM ci riuscirono. Bisogna anche soggiungere
che p. Marcolini sapeva trovare sempre e dovunque
collaboratori fedeli e preziosi. Ai campi arrivarono
le più svariate personalità, da mons.
G.B. Montini, al vescovo mons. Tredici, al giovane
Flaminio Piccoli, ad un numero imprecisato di ingegneri,
ufficiali, ecc. Quanto poi ai campi è quasi
impossibile descriverli, ci vorrebbe un Marotta con
la sua Spaccanapoli. Il campo incominciava con un'alza bandiera ed una
preghiera. Un'organizzazione c'era. Era come ebbe
a definirla il sen. Lodovico Montini "organizzazione
disorganizzata". E su ciò tutti erano
d'accordo tanto che circolava l'assioma: Il giorno
che le BIM funzioneranno veramente, non funzioneranno
più. Proprio in nome di questo assioma gli
orari della giornata del campo erano elastici. La
sveglia era verso le 7.30?8. Per la prima colazione
si andava di solito a scrocco, partendo presto e fermandosi
in qualche malga. Seguivano le passeggiate che potevano
prolungarsi anche per una giornata o anche per più
giorni. In tal caso gli escursionisti venivano riforniti
di pane e di mortadella. Le gite dovevano essere fatte
in gruppo, guidate da un padre della Pace o da un
altro prete o da un esperto della montagna.
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S. Messa delle BIM |
in posa con cucinieri e collaboratori |
Obbligatorio era
indicare la meta e l'ora del ritorno. La gita corta
soprattutto (supplita qualche volta da partite a pallone)
era quasi d'obbligo. L'ora di pranzo vedeva la fila
per il rancio, da consumare intorno alle tavolate
rustiche o seduti sull'erba. I primi cuochi furono
i ragazzi stessi. Buttavano patate, carote, pasta,
un po' di lardo nei grandi fusti di benzina messi
sul fuoco. Nell'impossibilità di scolare il
tutto, lo facevano bollire fino a quando tutta l'acqua
era evaporata in modo che la pasta asciutta fosse
pronta senza bisogno di scolarla. In seguito p. Marcolini
scovò la signora Maria di Gavardo, cuoca alla
mensa della OM, e poi la signora Buttani e allora
la cucina migliorò notevolmente. Il menú
ovviamente non fu mai molto ricco: minestra o pastasciutta
a volontà, pane, mortadella, qualche rara scatoletta
di carne comperata allo spaccio del campo e spesso
budino fatto con la polvere di latte e di cacao. Durante
la giornata Messe in quantità, per gruppi o
comunitarie, confessioni a volontà. La sera
ammaina bandiera, preghiere, canti. |
Il
bivacco serale era obbligatorio per tutti. Intorno
al grande fuoco, infatti, anche i più ribelli
erano disposti ad ascoltare la parola di p. Marcolini
e a mormorare una preghiera. Disgrazie, incomprensioni,
contrasti non mancarono, come non mancano mai in ogni
buona impresa. E poi ad amareggiare un poco, era la
coda di debiti che ogni campeggio si trascinava. Alla
fine dei campi, infatti, quando si arrivava al consuntivo,
erano guai grossi. I conti non quadravano mai, perché
le risorse economiche delle BIM erano molto limitate;
esse consistevano nelle quote dei partecipanti ridotte
al minimo, e a volte allo zero, e nelle 150-200 messe
"americane" che mandava don Battista, cioè
mons. Montini. Era allora che p. Marcolini apriva
un certo cassetto dove aveva buttato durante l'anno
le buste dello stipendio di insegnante. Con altri
come l'on. Chiarini usava un metodo ancor più
corpo a corpo. Gli disse una volta: «Io ti ho
dato il voto: un asino che ha dato il voto ad una
bestia, merita o no cento balle di paglia?»,
e fu accontentato. Quando l'onorevole gli manifestò
il desiderio di andare al campeggio, gli disse: «Ti
siamo tanto riconoscenti. Vieni. Vorrà dire
che per il disturbo pagherai ogni giorno la cifra
corrispondente a quanto percepisci come deputato».
Man mano che i campeggi vennero conosciuti, aumentò
la “turba” dei benefattori. Così
durò l'avventura BIM almeno per vent'anni.
Le annate che si possono ritenere “doc”
andarono dal 1946 al 1954. Quelle del 1953 e 1954
furono addirittura a tre stelle. |
Poi p. Marcolini fu sempre più preso dal problema
delle case. La gente nel frattempo incominciò
a star bene, a disperdersi, e le BIM a snaturarsi
sempre più. In sostanza sparirono negli anni
del boom economico, o meglio andarono sempre più
imborghesendo e perdendo la loro fisionomia. Chi salì
a Malga Bissina, ultimo avamposto BIM, ci andò
sempre più in macchina con esigenze sempre
più marcate: la stanza, l'acqua in camera,
il vitto selezionato. Nel 1975 erano, si può
dire, del tutto finite. Il campo di Malga Bissina
fu lasciato ai corsi di Astrofisma. Questa è
un'associazione fondata nel 1949 dal prof. Angelo
Ferretti Torricelli come affiliazione dell'Ateneo
di Brescia, con lo scopo di diffondere la scienza
e la tecnica tra studenti e cultori di astronomia,
fisica e matematica, donde il nome, promuovendo conferenze,
seminari e corsi di formazione. Appunto nelle due
baracche in muratura di Malga Bissina, messe a disposizione
dai padri della Pace soprattutto per intervento di
p. Marcolini e capaci di 120 letti con attrezzature,
si tenne nel luglio 1967 il primo Campo scientifico
giovanile estivo di Astrofisma a cui ne seguirono
altri fino ad assumere carattere internazionale. Dopo
la scomparsa di p. Marcolini, Astrofisma ebbe l'iniziativa
di istituire alla Pace un Centro scientifico giovanile
a lui intitolato per onorarne, riconoscente, la memoria.
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anno 1959 - Malga Bissina POM in cucina |
Non rise certo p.
Marcolini quando in S. Pietro sentì parlarne
lo stesso Paolo VI, che diede alle BIM una patente
altamente onorevole. Il Pontefice ricevendo tutte
le tribù marcoliniane (BIM, operai e dirigenti
della OM, la cooperativa La Famiglia) diede agli "sbandi"
il primo posto e disse: «La sigla si traduce
letteralmente: bande irregolari Marcolini. Ma questo
titolo peggiorativo, volle subito spiegare il Santo
Padre, dice invece che chi compone questo sodalizio,
come chi lo ha promosso, sono bravissima gente. Si
tratta di ottime compagini di operai e di maestranze
che, dall'inizio del dopoguerra, fanno campeggi sulle
Alpi, ed affermano la loro amicizia in belle giornate
di svago, di preghiera, di spiritualità».
L'avventura delle BIM non finiva in montagna. Continuava
anche dopo con ritiri a S. Filippo, gite e soggiorni
invernali e pellegrinaggi, proiezione di film istruttivi,
ecc.. Sfociò anche in rappresentazioni teatrali
e in un coro, naturalmente sempre in stile BIM, cioè
senz'ordine e senza piani preordinati.
Le BIM, del resto, gonfiarono ancor più l'attività
assistenziale del padre. I giovani disoccupati, quelli
occupati ma in cerca di consiglio finivano con allungare
la fila di coloro che la domenica, alla Pace, dopo
la Messa delle nove, aspettavano di parlare con lui.
A loro cercava fin dove poteva, un'occupazione, dava
consigli; ma più spesso li spronava a muoversi
da soli, nel mettere in piedi un proprio cantiere,
un'officina, un'impresa che avrebbero portato altri
posti di lavoro. In fondo, per lui la meta era quella:
renderli liberi, indipendenti, in grado di costruirsi
il proprio spazio vitale e il proprio avvenire.
(da: “A.FAPPANI – C.CASTELLI,
Il Prete di Tutti: Ottorino Marcolini” - Brescia,
Edizioni del Moretto, 1988)
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